Biografia Giovanni

Figlio di Giorgio, detto Scanderbeg, e di Andronica Arianiti Comneno, nacque In Albania nel primi sei mesi del 1455.

Alla morte del padre (1468), appena tredicenne, chiese ed ottenne da Ferdinando di Aragona di potersi rifugiare nel Regno insieme con la madre, ove potè ereditare la contea di Monte Sant'Angelo e la Signoria di San Giovanni Rotondo, nel Gargano, feudi concessi con eccezionali privilegi dal re al padre Giorgio nel 1464, per ricompensarlo del decisivo aiuto prestatogli nella guerra contro Giovanni d'Angiò.

Il 25 sett. 1463, vivente il padre Giorgio, viene ammesso nella nobiltà veneziana e nel 1468, anno della morte del padre, compare fra i confederati della Repubblica di Venezia nel rogito di alleanza fra questa, Napoli, Roma e Firenze. 

Nel 1474 cede formalmente le sue pretese sull'Albania alla Repubblica veneta.

Il primo febbraio 1476 viene messo in dubbio il suo diritto a riscuotere certe somme a titolo 'de herbagii'; di lì a poco il vescovo di Troia rampogna, in una supplica dolente, gli abusi da lui perpetrati contro alcuni beni donati alla 'ecclesia' di San Leonardo, in Siponto, e re Ferrante, il 18 settembre 1477, interviene con un severo moritorio. 

Vi è ora la prova certa della sua partecipazione alla guerra di Otranto contro i Turchi: il 21 maggio del 1481 viene esentato dal pagamento, sui feudi garganici, della tassa straordinaria per la riconquista d'Otranto, indetta nel febbraio 1481, "ex causa expensarum factarum per eumdem Iohannem pro servicio sue curie in castris in ossedione civitatis Idronti". 

Nella seconda metà del luglio 1481 passa in Albania per compiere un intervento 'diversivo' nella guerra civile (1481 - 1482) che divampa tra Bayazet e Cem, figli del defunto Maometto II. L'intervento del Castriota è decisivo per stroncare il progetto di rinforzo della guarnigione turca in Otranto mediante la concentrazione in Valona di migliaia di uomini e mezzi. Sembra altresì certo che l'intero Oriente adriatico avrebbe potuto rinsaldarsi in più durature restaurazioni se non fosse mancato all'azione di Giovanni il sostegno di qualche despota tornato nell'Arcipelago, come Leonardo Tocco, suo parente, o del celebre stradioto coroneo Corcondilo Clada della Morea. Comunque, prima della caduta d'Otranto, agli uomini di Giovanni riesce il colpo maestro di catturare l'eunuco Suleyman Alibeg, capo delle truppe turche predisposte in Valona al soccorso d'Otranto. Sul prigioniero si apre un'asta impressionante, e lo stesso Alibeg giunge ad offrire al Duca di Calabria ventimila ducati per riscattarsi. L'episodio non è solo simbolico. Dal Sanudo ad oggi, l'opinione prevalente è che "si non seguiva la morte del Signor turcho" Otranto non sarebbe stata riconquistata. 

L'Albania, tuttavia, è perduta, e Giovanni non tarda a rientrare in Puglia. Il 17 settembre 1483 riceve l'incarico di fortificare Vieste e le altre 'terre de marina' dell'area garganica. Qui lo si ricorda, il 20 gennaio 1484, per certi suoi debiti con la Regia corte e, il 22 marzo, per un non più precisabile 'accordo' con Manfredonia.

Il 2 agosto 1485 Giovanni ottiene dal Sovrano, a ricompensa dell'opera da lui prestata nella rivolta dei baroni, di scambiare la contea di Monte Sant' Angelo e la Signoria di San Giovanni Rotondo con Galatina e Soleto, in terra d'Otranto, con i titoli di duca e conte. Ottiene inoltre una provvigione annua di 1800 ducati ed altre privilegi. Ed è proprio da queste terre, di stretta osservanza orsiniana, ch'egli fronteggia la seconda congiura dei baroni, risalendo la Puglia. 

Da recentissimi studi, emergono elementi convincenti di una sua partecipazione alla organizzazione della crociata ideata da Carlo VIII re di Francia, mai portata a compimento. Vale la pena di ricordare questa vicenda, per quanto ancora non completamente lumeggiata, non solo perché integra la biografia di Giovanni Castriota, ma anche perché apre l'orizzonte a vicende di più ampio respiro europeo, aiutando a comprendere il ruolo prestigioso e l'influenza esercitati dalla famiglia albanese ancora negli anni a cavallo fra il XV ed il XVI secolo. Carlo VIII di Francia decide la spedizione in Italia per la conquista del regno di Napoli nei primi mesi del 1494e nel contempo annuncia di voler intraprendere una nuova crociata contro gli infedeli. Coerentemente, assume il titolo di Re di Gerusalemme, ottiene la cessione dei diritti successori sul trono imperiale di Costantinopoli da Andrea, ultimo dei Paleologi, e si fa consegnare dal papa Alessandro Borgia un illustre prigioniero: Cem, fratello del Sultano Bayezet, da questi odiato e minacciato di morte, ch'era stato catturato dai cavalieri di Malta e consegnato al papa.   

 Inoltre, il sovrano francese stringe un accordo con Costantino Arianiti, governatore del Monferrato (e zio di Giovanni Castriota Scanderbeg per parte di madre), l'arcivescovo di Durazzo e, sembra, lo stesso Giovanni per far sollevare l'Albania. E' probabile che, in cambio della sua adesione alla crociata, Giovanni ottenga in concessione dal re di Francia l'uso della croce di Gerusalemme nel proprio stemma araldico, come pure il riconoscimento dei suoi diritti sull'Albania, ed è infatti proprio in questi anni che Giovanni Castriota inizia ad usare uno stemma diverso dalla tradizionale aquila bicipite del padre Scanderbeg (si veda alla sezione stemmario). La crociata, comunque, fallisce prima di cominciare. A propiziarne il fallimento è la morte, imprevista e misteriosa, di Cem pochi giorni dopo l'arrivo di re Carlo VIII con il prigioniero a Napoli. A questo punto, Venezia, alla quale il re di Francia aveva promesso Scutari ed altre terre, si sfila dall'impresa ed anzi la ostacola apertamente, inducendo il già titubante Carlo VIII a rinunciarvi. La mossa di Giovanni Castriota, di allearsi con il Re angioino tradendo la lunga fedeltà agli Aragonesi, si rivelerà gravida di conseguenze negative. Quando è ormai chiaro che la crociata è destinata al fallimento per la prematura morte del fratello del sultano, Giovanni fa mancare il sostegno a Carlo VIII e questi, di tutta risposta, gli revoca le concessioni feudali su Oria. D'altro canto, il ritorno del duca di Galatina in campo aragonese può avvenire solo con l'accettazione di un ruolo marginale, che egli potrà esercitare nella periferica Galatina e ben lontano dalla corte napoletana. Ciò spiega plausibilmente anche l'irresistibile ascesa, in quegli stessi anni, dell'altra famiglia albanese dei Granai, rimasti fedeli alla corona aragonese. 

Giovanni aveva sposato Irene Brankovic, figlia di re Lazzaro di Serbia e di Elena Paleologo, ultima erede della famiglia imperiale di Bisanzio. Da Irene Giovanni ebbe sei figli: Giorgio; Costantino, vescovo di Isernia, morto il 1500; Federico; Alfonso, morto a 15 anni nel 1503 a Valenza, in Spagna, dove si era recato insieme con la nonna Andronica al seguito dell regina Giovanna; Ferrante, erede dello stato paterno, e secondo Duca di S. Pietro in Galatina; e Maria. 

Secondo una credibile attestazione, morì a Canosa di Puglia nel 1505. 

Bibliografia

  1. Volpicella L. Ferdinandi primi Instructionum liber. Napoli, 1915 
  2. Volpicella L. Federico d'Aragona. Napoli, 1908 
  3. Monti G.M. La spedizione in Puglia di Giorgio Castriota Scanderbeg e i feudi pugliesi suoi, della vedova e del figlio. In Japigia, X, 1939 
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  5. Petrucci F. Dizionario biografico degli Italiani. Roma, 1971 
  6. Vallone G. Andronica e Giovanni Castriota Scanderbeg (in corso di stampa) 
  7. Petta P. Despoti d'Epiro e principi di Macedonia. Esuli albanesi nell'Italia del Rinascimento. Lecce, Argo 2000 

I Castriota Scanderbeg

Il sito web castriotascanderbeg.it è una raccolta di studi, ricerche e documenti relativi alla storia della famiglia Castriota Scanderbeg. Nelle pagine potrete trovare informazioni dettagliate sulla vita e le gesta dei personaggi della famiglia, da Giovanni ai giorni nostri.

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