Le prime generazioni in Italia

Dei figli di Giovanni Castriota Scanderbeg, duca di Galatina e conte di Soleto, e di sua moglie Irene Branković, figlia di re Lazzaro di Serbia e di Elena Paleologo, ultima erede della famiglia imperiale di Bisanzio, conosciamo per certo quattro maschi (Giorgio, Costantino, Federico e Ferrante) ed una donna, la colta e pura Maria, che sembrò ripetere il carattere austero e generoso dell' ava Andronica. Dell' autorevolezza di Maria e del prestigio delle sue relazioni rimane traccia in una supplica a lei rivolta dal celebre cardinale Guglielmo Sirleto, uno dei più fidati collaboratori dei legati papali cardinali Cervini e Seripando durante i lavori del Concilio di Trento, custode della Biblioteca Apostolica Vaticana e Protonotario apostolico. E' un grave danno che si sia perduto il suo testamento, nel quale obbligava gli eredi Sanseverino a ricchi legati a favore dei due preferiti figli naturali del fratello Ferrante, Federico e Pardo Castriota Scanderbeg. 

Giorgio, il primogenito figlio di Giovanni, nel febbraio del 1500 aveva, secondo il Sanudo, 23 anni, e questo approssima la data del matrimonio di Giovanni alla metà degli anni Settanta del Quattrocento. Nel febbraio 1501 effettuò una spedizione in Albania, progettata e sostenuta da Venezia col solo cavallo di Irene, ma osteggiata dal re Federico d'Aragona. La missione di Giorgio si risolse in un clamoroso insuccesso, tanto che il 18 dicembre 1505 si diffuse da Costantinopoli la voce che lo "Scandarabecho sà fato turco". Questo drammatico episodio allontana definitivamente Giorgio dalla successione feudale, aprendo la strada per l'investitura del ricco dominio di Puglia all'altro figlio di Giovanni, Ferrante. A riprova dell' anomalia della successione, nei due documenti napoletani che la preparano troviamo espressioni generiche quali "filiis et heredibus" del defunto Giovanni, non invece l'indicazione del nome specifico del successore, che pure costituiva prassi consolidata nelle successioni feudali. Giovanni risulta già morto il 12 luglio 1505, mentre nel dicembre 1505 "la duchessa et soy figlioli" sono ancora in lite col fisco per le tasse successorie. 

Gli altri due figli del duca Giovanni, Costantino e Federico, sono entrambi legati ad Isernia. Costantino ne fu vescovo dal 2 ottobre 1497, quando aveva all'incirca vent'anni. Il 4 dicembre 1499 era "gravemente infermo": il re Federico d'Aragona n'era stato informato da Andronica, e ne scrisse al suo oratore in Roma che "per amore portamo ad dicta sua ava al patre ed a tucti li suoi" si facesse istanza al Pontefice per assegnare il vescovato, ove Costantino fosse morto, "al fratello nominato don Federico Castrioto". Costantino di lì a poco morì, perché il famoso monumento erettogli dall'ava Andronica porta incisa la data del 1500, altro prelato, perché il papa Borgia non volle ascoltare l'istanza del re, oppure perché nel frattempo anche Federico era morto.

La famiglia, come detto, prosegui con l'altro figlio di Giovanni, Ferrante, probabilmente uno dei più giovani, anche se è ignota la sua data di nascita, da porsi forse nell' ultimo lustro o nell' ultimo decennio del Ouattrocento. 

Ferrante, erede dello stato paterno, e secondo Duca di S. Pietro in Galatina, ebbe dalla moglie Andriana Acquaviva dei duchi di Nardò, oltre un "figlio maschio giovinetto di dieci anni", che gli premorì, la figlia legittima, Erina, che portò i beni paterni nella famiglia dei Sanseverino di Bisignano. Ferrante Castriota, tuttavia, ebbe anche diversi altri figli naturali, maschi e femmine, avuti da madri diverse e di diversa condizione sociale. Questa notizia è in certa misura già a stampa nel 1576 ad opera dello storico leccese Scipione Ammirato, che ricorda tra i figli del duca Ferrante, oltre Erina, anche "Federigo, Alfonso, Achille, Pardo".

Dei figli del duca Ferrante, solo due, Pardo e Achille, capostipiti rispettivamente del ramo leccese e del ramo calabro-napoletano della famiglia, hanno avuto una discendenza che dura ancora oggi in piena consapevolezza della grandezza delle origini.

Ma analizziamo più da vicino le vicende personali dei figli di Ferrante Castriota. 

Federico, che il duca aveva avuto da "Pazienza Pollastra", fu con ogni probabilità il più anziano dei figli naturali maschi del duca. Infatti, nonostante le modeste condizioni sociali della famiglia della madre, Ferrante volle garantirgli alta dignità, procurandogli il matrimonio con Aurelia de Noha, sorella di Vincenzo Maria, barone di Noha. Da Federico s'origina il ramo dei baroni di Gagliano, Salignano e Arigliano. Giovanni, figlio di Federico, era già barone di questo feudo all' inizio del 1583, avendolo acquistato per 6000 ducati dai Sanseverino, titolari per successione del duca Ferrante, in cambio del debito di mille ducati cui li obbligava un legato del testamento di Maria Castriota Scanderbeg, sorella di Ferrante, in favore di Federico e Pardo. Il feudo di Gagliano fu conservato dai Castriota fino alla metà del Seicento, mentre gli ultimi discendenti di Federico si estinsero alla fine dell' Ottocento. 

Un altro figlio di Ferrante, nato dalla stessa madre, è Alfonso: è ricordato nel .1545 in un documento importante di Galatina insieme alla madre "Pacientia Pollastra" di 38 anni, figlia di un Antonio, che ha beni per 290 ducati, donati dal duca Ferrante "qui eam adamavit". Alfonso, che ebbe per moglie una non altrimenti nota Caterina Bisanti, di famiglia oscura, morì in Galatina il 24 dicembre 1595, ed i suoi discendenti legittimi durarono ancora per qualche generazione tra Galatina e Gagliano, mentre quelli naturali fiorirono invece più a lungo in vari centri del Salento. 

Un terzo figlio naturale è Pardo, ed anche di lui conosciamo la madre: è "donna Portia de Urrisio" che nel 1545 ha 30 anni, e "don Pardus", che vive con lei, ne ha 7; con loro vivono anche due serve. Qui è evidente che il livello sociale della donna è elevato; non solo per quel che si legge nel documento, dove a lei ed al figlio è riservata la qualifica di "donna" e "don", ma per la famiglia d'appartenenza della donna, ch'è tra le più notevoli di Galatina, tanto che in un ramo (col cognome Andriani) raggiunse nel primo Seicento il titolo baronale. Dei rapporti personali tra il duca e Pardo, tra padre e figlio, legati da un vincolo d'affetto e d'intimità che traspare dalle stesse aride scritture notarili, e che è, da questo punto di vista, un atteggiamento unico del duca, si trova prova certa in un documento del 2 novembre 1548, nel quale il duca in persona dichiara di voler donare a Pardo, "eius filium bone indolis", una grande casa nella piazza del paese "pro honorabili vita ducenda". Pardo ebbe per moglie Antonella Stefagnoli di importante famiglia otrantina, ma morì in giovane età, per una caduta da cavallo in Galatina, il 10 febbraio 1574; i suoi discendenti, che pure vantavano un legato dall' eredità della zia Maria Castriota Scanderbeg, si trasferirono a Copertino, e da qui a Lecce, dove vennero ascritti alla nobiltà cittadina. La famiglia fiorisce tuttora in Ruffano e Lecce. 

Un quarto figlio è Achille, e su di lui c'è una certa bibliografia, nata con il Padiglione che, nel 1879, tentò di farne un figlio legittimo del duca Ferrante. Ma è ancora il censimento galatinese del 1545 a stabilire la verità; vi è censita una esule da Corone, "Dianora coronita", di 28 anni, e si aggiunge che la donna risulta "nil possidere et fuisse redempta per illustrem Ducem dicte terre a quadam navi"; è censito anche un suo "figlio naturale", appunto Achille, di 5 anni, nato dunque verso il 1540. Non si dice che il bambino sia figlio anche del duca, ma lo dicono le successive numerazioni, che richiamano esattamente questo Achille. Ed è anche vero che il 27 ottobre 1537, fu battezzato un figlio del duca, certamente un illegittimo, "nominato Achile Anibale", ma è improbabile che si tratti dello stesso individuo indicato nel censimento del 1545, perché un errore di tre anni nella valutazione di un bimbo, è scarto troppo forte per l'esperienza degli ufficiali del censimento, e bisogna pensare piuttosto o ad un omonimo, del quale si son perse poi tutte le tracce, oppure, secondo la congettura del Foscarini, ad un bambino poi morto, che i genitori vollero ricordare ripetendo il nome in un nuovo nato. In realtà, questo Achille seguì Erina Castriota Scanderbeg in Calabria, dopo il matrimonio di lei col principe Sanseverino di Bisignano, e vi fece fortuna col mestiere delle armi, appoggiandosi alla sorella ed ai parenti acquisiti. Dice il cronista: "nell'anno 1565 venne la Compagnia del Principe di Bisignano qui in Sampietro (Galatina, n.d.r.). Era loeotenente don Achille Castrioto, suo zio, figlio naturale del Signor Duca di Sampietro". Ebbe in moglie una Isabella Sanseverino, che non si sa a quale ramo legare della illustre famiglia, ed i suoi discendenti ebbero anche ruolo baronale e passarono a metà Settecento dalla Calabria in Napoli, dove tuttora fioriscono. 

Un quinto figlio naturale è Cesare, che senza dubbio va identificato con "lo figliolo de lo Signor Duca" battezzato l'otto marzo 1543; s'ignora il nome della madre, ma è certo che Cesare fece fortuna in Calabria dove, nel 1587, vanta un credito di 3000 ducati e sembra residente in Corigliano Calabro; ed in effetti, il 2 agosto dello stesso anno, è "barone de Baccarizzo et Santo Jorio (Giorgio)", allora suffeudi nel distretto feudale di Corigliano dei Sanseverino e, come tale, ha problemi di terre comuni proprio con l' universitas di Corigliano. Fa un certo effetto veder presenti, ad uno stesso evento del 12 maggio 1566 in Galatina, "il Signor don Achille, e il Signor don Pardo, e il Signor don Cesare, figli dell' Illustrissimo quondam Signor Duca nostro", ma per certo la vita di Cesare si svolse per lo più in Calabria, dove ebbe discendenza che spesso s'imparentò con quella di Achille, e si estinse, a quanto pare, verso l'inizio del Settecento. 

Un sesto figlio maschio è Annibale, battezzato il 3 settembre del 1552, ma non si conosce alcuna altra sua notizia. 

Infine l'ultimo figlio maschio naturale noto è un nuovo Ferrante, battezzato il 13 maggio 1562, e dunque nato dopo la morte del padre, del quale ripeteva il nome. Non sembra che sopravvisse molto, ed alla sua morte altri figli del duca, tra i quali, come sappiamo, Federico e Pardo, pretesero di dividersi il legato predisposto per lui dalla provvida zia Maria Castriota Scanderbeg. Ora dall'atto di battesimo del piccolo Ferrante conosciamo anche il nome di sua madre, una "Maria figlia di Bernardino Robbi alias Villamari", cioè la stessa donna che, nel 1554, aveva dato al duca una figlia, Porzia, che è poi l'unica figlia del duca censita nel Liber Baptizatorum

E tuttavia, il duca Ferrante aveva altre figlie, tutte di condizione migliore di Porzia, delle quali non c'e traccia nell'archivio parrocchiale di Galatina, ma in altre fonti archivistiche, forse in virtù della loro migliore condizione sociale.

La prima, in un possibile ordine cronologico, è Lucrezia Castriota che nel marzo del 1549 risulta moglie di Cesare Barone, feudatario di Diso, non lontano da Otranto, e che fu dotata dal padre di 545 ducati liquidi e di altri 600 ducati di beni mobili e di vesti.

Di lì a qualche anno, nel 1557, il duca Ferrante interviene a favore di un'altra sua figlia, dal nome impegnativo, Andronica, e le assegna una dote di 1400 ducati, assai maggiore della precedente. Suo marito è Fabrizio Tresca, di nobile famiglia barese, trapiantata a Galatina, e da qui nel Salento, proprio a causa di questo matrimonio. Testimone del patto è don Pardo, e tutto lascia pensare che Andronica fosse sua sorella anche per parte di madre. Non sfugga un particolare: nessuna amante avrebbe potuto impegnare, per un figlio o anche una figlia naturale, il nome d'un familiare legittimo del duca; dare ad una figlia il nome della moglie di Scanderbeg è gesto estremamente significativo. 

Infine, nell' ottobre del 1564, apprendiamo di un Mario Cavazza, di famiglia baronale di origine tarantina, "genero dell'Illustrissimo Signor Duca", e sappiamo che il nome della moglie, figlia del duca, e già morta nell' ottobre 1586, era Giovanna. 

Si noti che, in una società rigidamente ordinata quale fu quella del Viceregno napoletano, la costituzione da parte di un feudatario d'un patrimonio a favore dei figli maschi naturali o risponde al fatto, estremamente simbolico, della primogenitura - ed è il caso di Federico - o rispecchia lo stato sociale della madre - ed è il caso di Pardo. Le tre figlie dotate e sposate nobilmente in loco, Lucrezia, Andronica e Giovanna, hanno questo vantaggio perché la loro madre esprimeva certamente la stessa condizione sociale. Insomma, la costituzione d'un patrimonio o d'una dote è in ragione della permanenza del beneficiato in provincia, a contatto col genitore naturale, cosa possibile solo se la madre del figlio naturale è di condizione elevata, come accade per Pardo e la sorella Andronica. 

Bibliografia

  1. Vallone A. Civiltà letteraria a Galatina nel secolo XVI attraverso testi inediti. Galatina, 1973 
  2. Vallone G. Intemperanze di Ferrante Castriota Scanderbeg. Galatina, "il Galatino" 1989 
  3. Padiglione C. Di Giorgio Castriota Scanderbech e de' suoi discendenti. Narrazione. Napoli, Stab. Tipografico del Cav. Francesco Giannini 1879 
  4. Petta P. Despoti d'epiro e principi di Macedonia. Lecce, Argo 2000 
  5. Sanudo M. Diarii. Venezia, Visentini 1902 
  6. Volpicella L. Regis Ferdinandi primi instructionum liber. Napoli, 1916
  7. Arcudi A.T. Relazione di S. Pietro in Galatina. Genova, 1709 
  8. Ammirato S. Delle famiglie nobili napoletane. Firenze, 1580 
  9. Archivio di Stato di Napoli. Fuochi di San Pietro in Galatina, 1545 

I Castriota Scanderbeg

Il sito web castriotascanderbeg.it è una raccolta di studi, ricerche e documenti relativi alla storia della famiglia Castriota Scanderbeg. Nelle pagine potrete trovare informazioni dettagliate sulla vita e le gesta dei personaggi della famiglia, da Giovanni ai giorni nostri.

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